Il 13 giugno scorso al Nazareno si chiudeva il progetto Luoghi Idea(li).
Insieme ai circoli PD di tutta Italia responsabili di nove progetti quel giorno presentavamo i risultati del lavoro iniziato a marzo 2014. La sperimentazione di una forma moderna di partito aveva ottenuto risultati concreti e verificabili “appropriandosi” di un paradigma comune di riferimento, un impianto concettuale proposto e sostenuto dal centro attraverso il coordinamento e il supporto del lavoro nei territori. L’intera esperienza era oggetto di un Rapporto di valutazione che ne metteva in evidenza ricchezza e limiti.
Grazie ai risultati della sperimentazione e alla valutazione (maturata nel Viaggio in Italia e nella realizzazione di MappailPD) sullo stato del partito nei territori e sul significativo ma sottoutilizzato capitale umano e politico esistente, avanzavamo una proposta per il PD, a due gambe:
messa a regime del metodo sperimentale testato, con la costituzione di un’”Officina per l’attivismo territoriale”, autonoma ma interna alla Segreteria nazionale del PD, in grado di sostenere e accompagnare nuove realtà territoriali orientate a lavorare per progetto;
applicazione e, in taluni aspetti, modifica delle regole statutarie e del Codice Etico del PD per
- dare basi più solide ai processi di partecipazione nel territorio,
- innalzare qualità e robustezza del “indirizzo strategico”, soprattutto grazie a una perentoria riduzione dei numero di membri della Direzione Nazionale,
- dare maggiori garanzie all’applicazione delle regole interne.
Pochi giorni dopo chiudevamo anche la mappatura del PD romano. Il lavoro aveva assunto a riferimento lo standard di partito sperimentato con Luoghi Idea(li) che diventava così metro di giudizio sull’efficacia politica del partito.
La conclusione del progetto ha modificato le relazioni tra tutti noi, centro e luoghi del paese, rendendole meno “formali”, più incerte a tratti, ma più vive. E ha prodotto un risultato inatteso: abbiamo cominciato a ricevere “proposte di adesione alla sperimentazione” … anche se era finita. Non è stato facile far comprendere che la chiusura del progetto aveva necessariamente comportato una drastica riduzione del nostro impegno, ma abbiamo comunque ricercato modi per garantire continuità all’esperienza. E comunque il materiale accumulato e accessibile offriva spunti e suggerimenti. E ognuno dei luoghi fondatori si era nel frattempo trasformato in una fonte di idee e supporto.
Nessuno di noi avrebbe però potuto affermare se e in che misura le realtà territoriali coinvolte nella sperimentazione avrebbero proseguito il percorso e se sarebbero riuscite a trasformare i loro progetti in proposte politiche, se e in che misura ci sarebbero state realtà territoriali ispirate al modello di funzionamento sperimentato o se intorno a questo, o ad altro modello, si sarebbe avviata una discussione.
Proprio per capire tutto questo, per riannodare fili e per rispondere a questi interrogativi abbiamo organizzato “Parma”.
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